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L'editoriale n.146

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Non chiedetemi dove andremo a finire perché già ci siamo. (Ennio Flaiano)
Mentre la cronaca si sovrappone alle derive social e viceversa, mentre la realtà assomiglia sempre di più a un episodio di Black Mirror come dimostra la tragica storia di Roma dove un collettivo di youtuber in Maserati ha travolto una Smart causando la morte di un piccolo di 5 anni, a noi non resta che interrogarci su quanto oltre ci siamo spinti e se sia più possibile immaginare dei limiti.

Dei limiti per la spettacolarizzazione del pericolo, dei limiti per la disinvoltura con cui totali incompetenti pieni di follower danno consigli alimentari, finanziari, medici, dei limiti per dei signori nessuno che dall’alto della propria popolarità social consigliano interventi di chirurgia estetica, investimenti, diete e beveroni miracolosi, dei limiti per chi è talmente connesso al proprio ego digitale da dimenticare l’abc della propria responsabilità sociale.

E no, non si tratta di proibire. Ma di richiamare chi guadagna denaro con i social a una responsabilità, a un’etica e a un senso del limite che oggi sembra non esistere. Un argomento su cui con PM continueremo a insistere e sul quale torneremo presto.

Certo, non che dalla cosiddetta società civile arrivino buoni esempi. Il violento diverbio nei confronti dell’addetto stampa del Comune di cui si è reso protagonista il neosindaco di Terni Stefano Bandecchi ci ricorda, per esempio, che il potere in tutte le sue forme (non solo quello virtuale dei numeri social) se mal gestito è deleterio.

Così come rischia di essere deleteria per Perugia la chiusura improvvisa di Palazzo della Penna, proprio ora che le città si prepara a fare il pieno di turisti. Proprio ora che Perugia si prepara a celebrare un pezzo della sua storia contemporanea: i 50 anni di Umbria Jazz.

Mezzo secolo che noi abbiamo voluto celebrare con un lungo speciale e con un’intervista fuori dagli schemi con il patron e direttore artistico Carlo Pagnotta. Una persona che non le manda dire e che per questo fa la gioia di ogni giornalista e di ogni lettore.

 

L'editoriale n.146
   
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Matteo Grandi

A due anni leggeva Proust, parlava perfettamente l'inglese, capiva il francese, citava il latino e sapeva calcolare a mente la radice quadrata di numeri a quattro cifre. Andava al cinema, seppur accompagnato dai genitori, suonava il pianoforte, viaggiava in aereo, scriveva poesie e aveva una fitta corrispondenza epistolare con l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. A sei anni ha battuto la testa cadendo dagli sci. Del bambino prodigio che fu restano l'amore per il cinema, per la scrittura e per le feste natalizie. I segni del tracollo sono invece palesati da un'inutile laurea in legge, da un handicap sociale che lo porta a chiudersi in casa e annullare appuntamenti di qualsiasi genere ogni volta che gioca il Milan e da una serie di contraddizioni croniche la più evidente delle quali è quella di definirsi "di sinistra" sui temi sociali e "di destra" su quelli economici e finanziari. A trent'anni ha battuto di nuovo la testa e ha fondato Piacere. Gli piacerebbe essere considerato un edonista; ma il fatto che sia stata la sofferenza (nel senso di botta in testa) a generare il Piacere (nel senso di magazine) fa di lui un banalissimo masochista.