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L'editoriale n.139

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Hanno strepitato per due anni di dittatura sanitaria, hanno fatto il finimondo per le limitazioni delle libertà personali e ora rompono i coglioni se qualcuno esercita la propria libertà di continuare a indossare la mascherina
Sono passati più di tre mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina e in un girotondo di fake news e forme di benaltrismo propagandistico e ideologico stanno quasi per convincerci che Putin sia la vittima, che l’Ucraina sia un covo di criminali guidato da un ebreo nazista e di conseguenza un pericolo per il mondo, che la Russia rischia di essere invasa da qualche stato confinante e che, naturalmente, è tutta colpa della NATO.

Ah, in questa macedonia di disinformazione spacciata per pluralismo informativo, ci siamo anche sorbiti su Piazza Pulita il commento alla piantina segreta dei sotterranei dell’acciaieria di Mariupol, salvo scoprire il giorno dopo che quella che in trasmissione era stata presentata come la cartina dei sotterranei altro non era che la mappa di un gioco da tavolo. Proprio così. Un gioco da tavolo. Non un banale incidente di percorso o di giornalismo approssimativo ma la fisiologica conseguenza di quando si prendono per buone fonti della propaganda filo-putiniana.

Però sapete che vi dico? Mi avete convinto. Putin è un santo, i dissidenti che vengono avvelenati in Russia sono una messinscena dell’Occidente (perché in realtà se la stanno spassando sotto falso nome in un resort alle Hawaii) e se la guerra non si ferma è colpa degli ucraini che non si arrendono. E naturalmente della NATO.

E allora è arrivato il momento di un’azione forte. Fuori l’Umbria dalla NATO. Dichiariamoci neutrali e chi si è visto si è visto. Certo, a quel punto se il Granducato di Toscana dovesse invaderci sostenendo di sentirsi minacciato dalle armate di Perugia 1416, avremmo poche speranze di salvarci (non potendo contare sull’aiuto dell’Alleanza Atlantica). Magari potremmo provare a chiedere aiuto a Giuseppe Conte, che però in base alle sue teorie, ci invierebbe soltanto “armi difensive” (tipo cerbottane e fialette puzzolenti) e in un paio di settimane avremmo l’aretino Scanzi a Umbria Tv a sostenere che “se gli umbri vogliono davvero la pace devono arrendersi”. E Orsini a TEF a sostenere che è comunque tutta colpa di quel pazzo Stoltenberg. E così, nel giro di sei mesi, ci ritroveremmo con il palio di Siena in corso Vannucci, un franchising di ribollita al posto del Testone, vitigni di Chianti al posto del Sagrantino, “il mare dell’Umbria” in Maremma, Toscò al posto di Umbrò, il Grifo in maglia viola e la destituzione della Tesei per consegnare Palazzo Donini a Maria Elena Boschi. A quel punto il passo successivo sarebbe la restaurazione di Banca Etruria al posto della Banca d’Italia, mentre per il cashmere di Cucinelli verrebbero accettati soltanto pagamenti in fiorini.

L'editoriale n.139
   
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Matteo Grandi

A due anni leggeva Proust, parlava perfettamente l'inglese, capiva il francese, citava il latino e sapeva calcolare a mente la radice quadrata di numeri a quattro cifre. Andava al cinema, seppur accompagnato dai genitori, suonava il pianoforte, viaggiava in aereo, scriveva poesie e aveva una fitta corrispondenza epistolare con l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. A sei anni ha battuto la testa cadendo dagli sci. Del bambino prodigio che fu restano l'amore per il cinema, per la scrittura e per le feste natalizie. I segni del tracollo sono invece palesati da un'inutile laurea in legge, da un handicap sociale che lo porta a chiudersi in casa e annullare appuntamenti di qualsiasi genere ogni volta che gioca il Milan e da una serie di contraddizioni croniche la più evidente delle quali è quella di definirsi "di sinistra" sui temi sociali e "di destra" su quelli economici e finanziari. A trent'anni ha battuto di nuovo la testa e ha fondato Piacere. Gli piacerebbe essere considerato un edonista; ma il fatto che sia stata la sofferenza (nel senso di botta in testa) a generare il Piacere (nel senso di magazine) fa di lui un banalissimo masochista.